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Lettera Elvio Fassone

Cari giovani,
accolgo volentieri l'invito ad inviarvi un breve saluto in questa giornata per voi importante.
Avete scelto di dedicare tempo, attenzione ed energie ad un tema difficile e complesso, quale la lotta tra la legalità e la criminalità, e questo merita apprezzamento.
La legge e la legalità, di solito, non sono amate. La legge è soprattutto temuta, osservata con qualche difficoltà, spesso sopportata a malapena.
Siamo eredi, anche se talora non ce ne rendiamo conto, di eredità storiche e culturali che ci condizionano da secoli. La legge, per molto tempo, è stata “la legge degli altri”, la legge dei nostri dominatori stranieri, la “legge dei padroni” - come si diceva in quel '68 che andiamo ricordando. Per conseguenza, non è mai stata la nostra legge, perché era solamente la legge di coloro che devono obbedire e subirla. 
Persino sul piano filosofico-religioso la legge è stata contrapposta allo spirito, e contrapposta in posizione subalterna, perché mentre lo spirito vivifica, la legge uccide.
Ma ora noi abbiamo imparato - e voi a vostra volta avete imparato in questo percorso - che la legge, in una società civile e democratica, è il prodotto della volontà comune, e quindi promana da noi e giustifica così il rispetto che le dobbiamo. 
E poi avete appreso che la nostra natura, e quindi la nostra convivenza, sono intrise di violenza e di malvagità, e che noi viviamo immersi in una sorta di innocenza impossibile.
A questa condizione - che talune religioni chiamano “condizione di peccato”, e che altri attribuiscono al residuo del caos primordiale - l'umanità ha cercato di porre riparo attraverso delle regole di convivenza, chiamate a contenere questa sorta di ferinità delle origini e questa aggressività degli umani.
La legge allora è diventata il terminale di uno scambio, che ha per oggetto la cessione di una quota di libertà al fine di ottenere una protezione e una tutela dei nostri diritti fondamentali.
Molte volte siamo insofferenti a questa cessione, pensando che quanto diamo sia molto di più di quanto otteniamo in cambio.
Sentiamo dire, al riguardo, che le leggi sono troppe e troppo pesanti, che le rispettano solamente coloro che sono già oppressi e svantaggiati, mentre i forti non le tengono in nessun conto. E siamo tentati di seguire questa seduzione, di abbassare le difese, di lasciarci andare, di unirci all'esercito di coloro che vogliono vivere una sola stagione da “capo” ricco e temuto, anche se la stagione sarà breve (come ci insegna la storia di Sibillo, morto ammazzato a 17 anni, e ricordato in questi giorni).
Io sono convinto che non è questa la scelta da fare; che la legalità è e rimane un valore; che non c'è grandezza nel possedere e nel comandare, ma solo nel rispetto che producono le nostre scelte di vita. Sono certo anche anche voi lo pensate.
Anche perché stiamo constatando ogni giorno come sia pesante - in termini di scadimento dei valori e delle relazioni umane - la distruzione di tutte le idee normative, cioè di quelle indicazioni etiche che producevano orientamento e stabilità. Beni dei quali oggi ci sentiamo dolorosamente privi.
Il cammino che avete seguito in questo vostro impegno di studio e di riflessione vi darà motivi e sostanza per continuare a seguirlo nella vita.
Questo è l'augurio che vi esprimo, con un abbraccio e con particolari felicitazioni ai brillanti vincitori delle borse di studio, Francesca, Luisa e Umberto.
Fate buon viaggio.
Elvio Fassone

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